TORRENTE MERULA
SUL SENTIERO DEI RICORDI > AMBIENTE E TERRITORIO
IL TORRENTE MERULA
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Il Torrente Merula ha sempre caratterizzato la sua valle con ripetuti e periodici straripamenti lungo il proprio corso, aiutato dalle irruente confluenze dei propri rii affluenti maggiori.
Le piene e le alluvioni hanno segnato nel tempo eventi oggetto di pericolo e ripetuti danni alle coltivazioni limitrofe agli argini ed ai vari insediamenti abitati, principalmente rurali, sorti oltre le sue sponde.
Le piene e le alluvioni hanno segnato nel tempo eventi oggetto di pericolo e ripetuti danni alle coltivazioni limitrofe agli argini ed ai vari insediamenti abitati, principalmente rurali, sorti oltre le sue sponde.
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Nelle vecchie generazioni, era tramandato il ricordo che, anticamente, in prossimità della borgata Rosseghina, ovvero l’attuale Piazza, esistesse soltanto il nucleo abitato dei “Calài”, su un penisolotto roccioso semicircondato dal torrente.
L’attuale sedime della borgata faceva parte dell’alveo ed era percorso dalle acque torrentizie tumultuose, fino a quando una enorme frana staccatasi dal “pöššu Cugnu” precipitò in direzione dell'attuale Piazza e verso Pian Rosso, colmando il letto del torrente, e di fatto deviandone il corso e formando terraferma.
Opere di terebrazione per la realizzazione di pozzi nei dintorni della borgata Piazza, anche in epoche recenti, hanno confermato che a determinate profondità costanti si rinviene sempre e soltanto uno strato di terra rossa, di origine argillosa, che copre sottostanti rinvenimenti di legno d'ulivo, ghiaia e sabbia di torrente.
Spingendosi a valutare le verifiche di lavori analoghi effettuati a livelli altimetrici inferiori e nelle zone territoriali limitrofe alla Strada Provinciale, si riscontrano ritrovamenti di terriccio e ghiaietto misti a sabbia fine.
Ciò è un elemento che testimonia quanto la borgata sia assoggettata a criticità sismiche ed il terremoto del 1887 lo ha dimostrato, poiché parte dei maggiori danni alle case ed i due decessi riscontrati sull’intero territorio comunale, furono proprio nei contesti edificati di Piazza e Pian Rosso.
Successivamente alla frana descritta in precedenza, ma anche in parte per gli eventi tellurici del 1887, il torrente avrebbe poi occupato la sede dell'attuale Strada Provinciale, provocando frequenti allagamenti ed inondazioni nelle zone pianeggianti limitrofe, inducendo gli abitanti a costruire e ricostruire le case sulle alture, o comunque in posizione sopraelevata rispetto all’alveo torrentizio.
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Restando ai tempi più moderni, l'alluvione del 28 maggio 1948, provocò ingenti danni, tra cui la compromissione della stabilità del ponte "di Stampino" o "di Nastasio", il quale venne operosamente recuperato con l'intervento dei contadini della zona, che ne curarono a proprie spese il recupero funzionale.
La successiva piena e fenomeno nuovamente alluvionale dell'autunno 1951, determinarono ancora una volta un importante danneggiamento dello stesso ponte, il quale, ritenuto ormai irrecuperabile, fu definitivamente eliminato contestualmente ai lavori di arginatura a partire dal 1958 da parte della ditta Siniscalchi.
Durante il periodo in cui si svolsero i lavori per la costruzione degli argini, il Merula creò ancora danni alluvionali, in occasione della piena del 2 marzo 1965 e soprattutto del 24 e 25 ottobre 1966, durante la quale danneggiò seriamente e demolì completamente alcuni tratti degli argini murari appena completati.
Seguirono in tempi più recenti gli eventi del 7 settembre 1995 e del 16 novembre 1996, durante i quali i maggiori danni si verificarono nella zona di Molino Nuovo e San Pietro, a causa della esondazione dei rii Domo, Metta e Negri.
La successiva piena e fenomeno nuovamente alluvionale dell'autunno 1951, determinarono ancora una volta un importante danneggiamento dello stesso ponte, il quale, ritenuto ormai irrecuperabile, fu definitivamente eliminato contestualmente ai lavori di arginatura a partire dal 1958 da parte della ditta Siniscalchi.
Durante il periodo in cui si svolsero i lavori per la costruzione degli argini, il Merula creò ancora danni alluvionali, in occasione della piena del 2 marzo 1965 e soprattutto del 24 e 25 ottobre 1966, durante la quale danneggiò seriamente e demolì completamente alcuni tratti degli argini murari appena completati.
Seguirono in tempi più recenti gli eventi del 7 settembre 1995 e del 16 novembre 1996, durante i quali i maggiori danni si verificarono nella zona di Molino Nuovo e San Pietro, a causa della esondazione dei rii Domo, Metta e Negri.
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Alcune immagini del Torrente Merula durante la piena del 24 novembre 2019.
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28 MAGGIO 1948
Rosa, una bambina di 10 anni, abitava nella Casa Garotta, nella famiglia dello zio materno Ernesto, un tempo manente del Conte Quaglia.
In quel periodo, non tutte le famiglie contadine erano in grado di vendere direttamente i prodotti derivati dalle proprie coltivazioni e, pertanto, si appoggiavano ad amici e vicini più attrezzati, in modo da poter spedire, tramite i “piazzisti”, i prodotti ai mercati ortofrutticoli o provvedere all’esportazione.
Il 28 maggio 1948, un venerdì, Ernesto posiziona i “platò” e le cassette riempite con i prodotti raccolti sul carretto a mano e parte con Rosa al seguito, la quale deve controllare che gli scossoni causati dagli urti delle ruote rigide con i ciottoli e le buche sul percorso possano dissestare l’impilamento fatto e causare la caduta dei vari contenitori caricati.
Siamo a fine settimana e si è tardato ad effettuare la consegna perché ci sono stati parecchi giorni di pioggia, che sembra essersi interrotta, almeno per il momento, e si approfitta per portare questo carico settimanale alla vendita, almeno prima che riprenda a piovere.
La strada da fare è abbastanza breve: dalla Casa Garotta si percorre un tratto di quella che era la Julia Augusta, si attraversa il Torrente Merula sul ponte romanico e si piega verso monte per raggiungere la tenuta Pagliano, una dimora dove devono essere consegnati i prodotti, per verificarne l’incestatura e poi spedirli tramite i “piazzisti”.
Arrivati a destinazione, mentre Ernesto provvede a scaricare quanto trasportato, Rosa corre a giocare con i bambini presenti: sono in quattro.
Mentre giocano a nascondino all’interno di uno dei magazzini, improvvisamente vengono raggiunti da acque vorticose del Merula che è violentemente straripato.
L’acqua entra in modo turbolento ed allaga rapidamente il locale, salendo repentinamente di livello, impedendo ai bambini di uscire.
Urlano impauriti, chiedono aiuto, salgono sul bancone di incestamento, ma l’acqua sale prepotentemente.
Sopra al bancone c’è un solaio di listelli e tavolame di legno, sul quale vengono depositati i contenitori vuoti utilizzati per confezionare in prodotti.
I bambini, continuando a urlare chiedendo aiuto e orami terrorizzati, si aggrappano ai listelli del solaio, nel tentativo di trovare una posizione più elevata e sicura.
Due di loro, tra cui Rosa, si appendono allo stesso listello, il quale cede sotto il loro peso e precipitano nelle acque vorticose sottostanti: nessuno sa nuotare e la corrente creatasi dentro al magazzino invaso dal Merula trascina via i due bambini.
Rosa ricorda di avere sentito un forte strattone alla sua lunga treccia e poi il buio.
Il risveglio ore dopo, con tanta paura, ma ormai al sicuro.
Gli adulti, attirati dalle urla dei bambini si erano precipitati nel locale, nonostante il violento straripamento del torrente, riuscendo quasi miracolosamente a strappare alle acque i due bambini trascinati dalla corrente.
Un grande spavento, ricordato per tutta la vita, una brutta avventura finita bene.
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7 SETTEMBRE 1995
Pioveva da due giorni, ininterrottamente.
La mattina del 7 settembre smette per un paio d’ore per poi riprendere con precipitazioni molto sostenute.
Via del Poggio viene chiusa completamente, in via Clavesana si alzano tutti i chiusini, l’Aurelia è a tratti impraticabile, sui ponti del Merula si interrompe il transito, via Marco Polo e via San Lazzaro sono totalmente allagate.
Dall’entroterra si viene a sapere che sono esondati alcuni rii, i terreni di San Giovanni e Mulino Nuovo sono quasi tutti inondati.
Alle 14,30 si deve celebrare un matrimonio nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro, con gli sposi che provengono dalla Marina.
Intorno alle 14,00, si rovescia una pioggia intensissima.
Alle 14,45. lo sposo si avventura, accompagnato in auto, lungo via San Lazzaro in direzione San Pietro, per raggiungere la chiesa, dove sono già presenti alcuni invitati della zona limitrofa, arrivati tutti rigorosamente a piedi, per paura di dover abbandonare l’auto in panne da qualche parte.
Intanto nella Chiesa, il prete, per intrattenere gli intervenuti e vedendo il crescente ritardo dei futuri sposi, decide scherzosamente di raccogliere le scommesse su chi dei due abbia deciso di rinunciare alla cerimonia, simulando di passare tra i fedeli con il cestino delle offerte per raccogliere le puntate.
Nel frattempo, a passo di lumaca, l’auto con lo sposo procede per via Piangrande e appena superato il dosso in prossimità del ponte Serafina Marchiano, lo scenario che si presenta è sconcertante: pochi minuti prima, un’onda proveniente da Stellanello, ha fatto esondare completamente nel tratto il Torrente Merula, il cui alveo si presenta apparentemente da collina a collina, con in mezzo distinguibili soltanto le case di Molino Nuovo e i pini che ancora costeggiavano in linea la strada arginale dell’epoca.
Fuori dall’autovettura l’acqua arriva a circa metà portiera, entrando (poco per fortuna) all’interno dell’abitacolo.
L’auto avanza molto lentamente, tenendo il motore su di giri e sperando di non incontrare qualche tronco trascinato dalla corrente, che il motore non si spenga e che il livello dell’acqua non aumenti, immaginando la presenza della strada sottostante solo grazie alle presenze degli alberi a lato, mantenendosi in marcia al centro di dove si ricorda possa essere la careggiata.
Un’esondazione che dura pochi minuti ed in un solo breve tratto del Merula, compreso tra Pian Rosso ed il ponte Serafina Marchiano, ma sufficiente a fare paura e lasciare un ricordo indelebile.
Ma non è tutto, l’onda proveniente da Stellanello, complice l’irruenza del rio San Giovanni, crea uno spostamento d’acqua anomalo, che coglie di sorpresa un taxista che stava lavando la sua auto in prossimità dell’arcata maggiore a levante del ponte romanico.
Il flusso improvviso porta via il veicolo ed il proprietario resta aggrappato ai tergicristalli, sul cofano, e verrà messo in salvo presso il ponte Italia ’61.
Le forti precipitazioni in vallata e, presumibilmente, i ruscellamenti improvvisi sui pendii stellanellesi generano la confluenza idrica che origina l’ondata nell’alveo del Torrente Merula.
Proprio uno di questi fenomeni, a mezza costa, travolge un ragazzo nelle zone sopra la Cappella Soprana – Borgata Duranti, sul versante sotto il Pizzo d’Evigno – Passo San Giacomo, purtroppo senza lasciargli scampo.
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16 NOVEMBRE 1996
E’ passato solo poco più di un anno dall’esondazione precedente e anche questa volta il punto nevralgico è nei dintorni di Molino Nuovo.
Ma il Torrente Merula si può considerare principalmente in condizioni di piena ad alto livello di osservazione, mentre i danni per esondazione sono prevalentemente ascrivibili alla concorrenza di tre rii: rio Domo, rio Metta e rio Negri.
La tumultuosità di questi tre corsi d’acqua crea un punto nevralgico di concentrazione idrica che sfocia in alti danni all’abitato di Molino Nuovo, dove si ha l’allagamento dei piani terra ed i marcati danneggiamenti di alcune attività commerciali: in particolare, l’alimentari Siccardi. Il quale si trova negozio, magazzino e forno inondati e quasi tutti i prodotti in vendita e stoccati da buttare via.
Alcuni piani interrati sono completamente alluvionati e gli allagamenti si estendono ai terreni adiacenti agli sviluppi arginali dei rii citati.
In particolare, a fare enormi danni è il rio Negri, a cui concorre una scellerata gestione dell’impiantistica pubblica.
Infatti, la posa della tubazione del gas metano porta ad installare una enorme saracinesca di controllo della condotta proprio sotto al solettone del pontino di confluenza del rio nel Torrente Merula, ostruendo circa un terzo dell’apertura utile.
Alcuni tronchi raccolti lungo il corso dalle acque irruente si vanno a bloccare nella saracinesca e con l’aggiunta di canne spezzate e ramaglia creano una sorta di tappo.
Non potendo confluire nel Merula, il rio sale di livello, molto rapidamente, demolisce alcuni tratti arginali costituiti da muri in pietrame a secco e sventra alcuni terreni limitrofi.
Quindi, esonda dagli argini e si trova incanalato, in prossimità della via Piangrande, tra due serre floricole fiancheggianti, le pareti vetrate delle quali diventano i nuovi argini dell’intero corso d’acqua ormai fuori controllo.
Il livello sale di un paio di metri dalla sommità dei muri arginali, sovrasta il sedime della via Piangrande buttandosi nel Torrente Merula, fino a quando non cedono le pareti e le strutture portanti delle serre (con intere putrelle piegate dalla potente spinta laterale esercitata delle acque).
A quel punto si ha un’esplosione idrica che travolge tutto quello che si trova intorno, devastando le colture floricole, distruggendo le serre, danneggiando fabbricati, attrezzature, prodotti, macchinari, impianti.
Solo i danni causati direttamente dal rio Negri nel tratto terminale prima del Merula saranno quantificati per oltre trecento milioni di lire, mai risarciti perché il fenomeno alluvionale sarà ritenuto solo localizzato e, pertanto, non indennizzato adeguatamente, tranne che per alcuni spiccioli in proporzione allo scempio completo ed effettivo subito.
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