PORTO
SUL SENTIERO DEI RICORDI > LO SVILUPPO URBANISTICO
IL PORTO
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All’inizio degli anni ‘60, in un periodo che segna la realizzazione e lo sviluppo delle vie di comunicazione stradali principali, quali l’ampliamento della Statale Aurelia e la costruzione dell’Autostrada, nasce una delle opere che innoveranno la considerazione del nostro territorio: il porto.
Il Sindaco Momigliano crede fermamente nel progetto di realizzare un simile cambiamento, che dovrebbe portare lustro alla cittadina andorese, che si sta formando con intense trasformazioni edilizie.
Così si punta molto sulla costruzione di un porto di IV classe, che sarà oggetto di un impegno amministrativo pluridecennale, con numerosissime delibere comunali, studi progettuali e soprattutto per trovare come finanziare un simile intervento.
Una semplice cena, tra rappresentanti politici ed amministratori locali, a cui presenzia l'Onorevole Taviani e relativo segretario personale, porta ad indicazioni in merito a come poter usufruire di fondi statali e comunque stanziamenti economici fino a 40.000.000 di lire.
Viene deciso di lanciarsi nell'impresa.
La morfologia del territorio, le correnti e i venti dettavano elementi oggettivi importanti da essere considerati.
Il libeccio, soffiando praticamente ogni giorno, portava a prendere in considerazione il fatto che un porto costruito a Ponente del golfo potesse essere un elemento di riparo per il litorale.
Contemporaneamente, si sollevava il dubbio che le correnti marine agissero con moto in direzione da Levante, costituendo un elemento alternativo alla direzione ventosa frequente.
Si fece ricorso a due studi di professionisti esperti del settore, i quali giunsero a risultati perfettamente contrapposti e, quindi, dove andava costruito il Porto? A Levante, nei pressi di Capo Mele, oppure a Ponente, nei pressi di Capo Mimosa?
Si decise allora di effettuare delle prove pratiche e sperimentali per prendere atto della situazione, secondo i comportamenti reali delle forze naturali in campo: mare e vento.
Vennero posizionate al largo dalla costa delle boe, distanziate tra loro di un paio di centinaia di metri; tali boe erano dotate di una corda/catena di immersione, alla cui estremità sottomarina era stata ancorata una sorta di pala, in struttura semirigida, simile ad una pala eolica, in modo che la posizione delle boe fosse libera di adattarsi alle sollecitazioni atmosferiche e naturali a cui veniva sottoposta.
Dopo alcuni giorni il risultato era evidente: molte delle boe, quasi tutte, erano state trasportate sotto il versante collinare di Ponente, nelle vicinanze dell'Hotel Trieste e tale constatazione portò a valutare e definire che la migliore protezione del golfo andorese fosse quella di realizzare il Porto a Levante, in modo che il litorale fosse più protetto dalle correnti marine.
Tale soluzione permetterà, nel giro di pochi anni dalla realizzazione del Porto, di ricevere il progressivo insabbiamento "naturale" dell'intero litorale, con l'originaria formazione delle prime vere e proprie spiagge.
Proprio dalla costruzione della rete autostradale e dalle modifiche al sedime viario della via Aurelia, vengono riutilizzati parte degli enormi massi e blocchi rocciosi derivati dai trafori, dagli scavi e dalle movimentazioni stradali sulle alture circostanti; creando una sorta di “discarica”, con interminabili processioni di automezzi, si dà il via all’accatastamento di enormità di materiale detritico in un tratto di mare antistante la via Aurelia, nella zona litoranea di Levante del Comune di Andora.
Tale “discarica” assumerà, in breve tempo, la storica forma a “L”, dell’originario molo di sopraflutto, con molo di sottoflutto in corrispondenza dell’apertura del porto stesso, modificando l’estetica del paese ed aprendo nuovi sbocchi di sviluppo turistico – commerciale, modificando in parte le correnti ed aiutando il fenomeno di rimpascimento degli arenili che progressivamente si trasformeranno da distese di ciottoli a vere e proprie spiagge sabbiose.
La struttura portuale sarà completata, all’interno dell’area di mare occupata, da tre pontili:
il primo verso Ponente sarà costituito da una passerella in tavolame, in parte poggiata su enormi blocchi di calcestruzzo armato utilizzati come piedritti;
gli altri due saranno realizzati quali sorta di palafitte, costituite da passerella in tavolame su struttura tubolare metallica.
La cordonatura esterna del molo di sopraflutto sarà irrobustita e completata con l’assemblaggio ed accatastamento di tetrapodi, i famigliari “ometti” in calcestruzzo armato.
Con la sola realizzazione di piccole opere di manutenzione e sistemazione generale, il porto manterrà detta consistenza fino al 1995.
Nel dicembre del 1994 viene stipulato l’Atto di Sottomissione che prevede l’ampliamento del porto esistente sino alla forma dell’attuale bacino.
Nel 1997 iniziano i lavori legati al Primo Lotto delle opere interessanti l’ampliamento portuale, che prevedono la sistemazione di servizi ed impianti:
- l’impianto elettrico, antincendio e di acqua potabile sono portati direttamente ai pontili;
- sono definitivamente sostituiti i tre originari pontili, con altri di nuova realizzazione.
Inoltre, la Soprintendenza impone che i tetrapodi vengano eliminati, mediante sostituzione e/o copertura degli stessi con massi rocciosi: materiale ritenuto architettonicamente ed esteticamente più idoneo per l’inserimento paesaggistico - ambientale dell’intera struttura.
Dopo il 1997 partono le grandi opere che modificano sostanzialmente la consistenza e l’aspetto dell’originario impianto portuale, fino a trasformare il complesso nella struttura oggi esistente:
- viene costruito un nuovo molo di sottoflutto;
- ampliamento della piattaforma;
- realizzazione delle cale;
- creazione e potenziamento dei relativi servizi pubblici e per diportisti.
Nel complesso le nuove opere eseguite permettono di ottenere un numero di 900 posti barca.
Un lungo e pesante sforzo a carico dell’intero Comune, costato dal 1997 al 2005 oltre dieci milioni di euro.
Nell’ultimo decennio sono state sviluppate le opere a terra ed i servizi, con la realizzazione di aree espositive all’aperto e la creazione di un “solarium” panoramico estivo sopra a quello che in origine e per lungo tempo era per tutti semplicemente il “muraglione del porto”.
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Negli anni si è spesso discusso del perchè la realizzazione del porto fosse stato "decisa" nella attuale posizione.
Se osserviamo con attenzione l'odierna forma dell'intera struttura portuale, ci accorgiamo che l'imboccatura è a levante e ubicata in una specie di conca appena prima e protetta dal promontorio di Capo Mele.
I natanti che escono ed entrano, si trovano a una certa distanza dal litorale, cioè dalle spiagge.
Se il porto nella stessa posizione avesse l'imboccatura a ponente, i natanti entrerebbero e uscirebbero tra le boe rosse e le bianche, con evidente limitazione balneare.
Se ipotizzassimo il porto spostato a ponente, dovrebbe avere l'imboccatura verso levante, perchè è il lato protetto dal mare aperto e, quindi, si avrebbe il problema citato prima della limitazione balneare (almeno in un tratto), con l'ulteriore difficoltà dovuta allo sfocio del Merula in periodi di piena.
In conseguenza, si sarebbe indotti a pensare che, indipendentemente da scelte più o meno anche influenti su ambiti personali, il posizionamento scelto e realizzato sia poi stato effettivamente piuttosto lungimirante.
Infatti, molto spesso si è accomunata la scelta della posizione ad eventuali parallele motivazioni di tipo espansionistico edilizio.
Tuttavia, per avere una cognizione più esaustiva di eventuali valutazioni che abbiano spinto ad effettuare le scelte attuate, bisogna rifarsi agli studi progettuali e dell'intero sistema ambientale, che furono condotti all'epoca.
La soluzione adottata permise, nel giro di pochi anni dalla realizzazione del Porto, di ricevere il progressivo insabbiamento "naturale" dell'intero litorale, con l'originaria formazione delle prime vere e proprie spiagge.
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IL PORTO OGGI
LA SPIAGGIA DEL PORTO
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Una semplice spiaggia libera, che si era formata dal nulla dopo la costruzione del porto, a causa di un naturale e costante insabbiamento, dovuto alle correnti marine, di un piccolo tratto costiero sotto una scarpata rocciosa della via Aurelia.
Un triangolo di arenile a fianco al molo all’imboccatura del porto, che permetteva di entrare in mare con un ampio tratto di acqua bassa, accompagnata dalle sottili dune sul fondo e da trasparenze, che potevano diventare teatro di cavalloni impetuosi.
Un triangolo di pace, la spiaggia libera più estesa di Andora e diversa da tutte le altre, nell’immaginario dei frequentatori un angolo di paradiso, incorniciato da un contorno di macchia cespugliosa mediterranea e dal suono di innumerevoli cicale che coprivano ogni altro rumore, compreso il traffico della soprastante Aurelia.
Vi si accedeva dal parcheggio sterrato e polveroso del porto, dopo avere superato la “sbarra” posizionata per evitare l’accesso con mezzi a motore; noi ragazzi, perseverando ad oltrepassarla con biciclette e motorini, avevamo sagomato la vegetazione verso la scarpata dell’Aurelia (dal lato del contrappeso dell’ostacolo), allargando il passaggio quanto bastava per transitarvi agevolmente anche con scooter e motorini.
Meta amata e gradita da andoresi e turisti, teatro di nuove amicizie, amori estivi, ricordi e aneddoti infiniti.
Dopo quasi un trentennio di esistenza, la sua scomparsa è legata ai lavori di ampliamento del porto iniziati nell’autunno del 1997; l’ampliamento del porto l’ha “replicata” in una nuova posizione, più spostata verso Levante, ma non è mai più stata la stessa cosa: “la spiaggia del porto” è stata una e sola.
A quel luogo appartengono indissolubilmente quindici anni della mia adolescenza e gioventù, bellissimi ricordi, cari amici, esperienze, l’amore della mia vita.
I frequentatori erano spesso così abituali che era come se ci fossero quasi i posti assegnati: le stesse persone nelle stesse posizioni, in una situazione che si ripeteva di anno in anno, assistendo a riti di attesa del proprio vicino di posto dell’anno precedente.
Non era insolito assistere a piste di sabbia per biglie che si snodavano tra le varie persone sdraiate al sole, come gli improvvisati campetti di palla-tennis (autentica attrazione occasionale), gruppi di giocatori di bocce impegnatissimi ed a volte oggetto di episodi di agonismo che suscitavano la curiosità divertita dei presenti, compagnie di ragazzi che si esibivano in acrobazie tra calcio e pallavolo, sferrando più di una pallonata ai malcapitati nei dintorni, appianando l’inconveniente con un semplice “scusi” (…. fino alla volta successiva!! Neanche troppo lontana!!), nel pomeriggio gruppi di adulti raccolti sotto agli ombrelloni a svolgere la sfida giornaliera a carte.
Rispetto agli ambienti spiaggiaioli odierni, un ambiente libero, rilassato, tollerante e spensierato.
Sicuramente ognuno di noi avrebbe qualcosa da raccontare e vorrei citare tre “curiosi” aneddoti personali, rimasti impressi tra i miei ricordi.
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