MULINI A VENTO - Geometra Mario Vassallo

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MULINI A VENTO

SUL SENTIERO DEI RICORDI > TESTIMONIANZE DAL PASSATO
MULINI A VENTO
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La mappa cartografica più antica e ricca di dettagli, la Carta Tipografica della Magnifica Comunità e Valle di Andora, risalente e datata al 1785 e la successiva mappa del Catasto Francese ottocentensco (Catasto Napoleonico), riportano chiare indicazioni della presenza di alcune costruzioni identificate e descritte come mulini a vento.
Si tratta di edifici a pianta circolare, posizionati sulle sommità dei crinali collinari e più precisamente:
  • sei sul crinale a confine con Laigueglia ed Alassio
      • un primo mulino a vento era ubicato nelle vicinanze dell’antico Oratorio di Sant’Antonio del Cavo (odierna Base Aeronautica – Radar di Capo Mele, in corrispondenza dell’attuale tornante tra Strada delle Catene e via Cornice del Capo);
      • prima del nucleo insediato dei “Micheri” (Colla Micheri), è rappresentata la costruzione su pianta circolare, ancora oggi esistente come Mulino Tagliaferro o Mulino Casalìn;
      • proseguendo sul crinale verso l’interno, si incontra una coppia di edifici a pianta circolare, i cosiddetti “mulini di Spaleta”, i quali sono posizionati circa in linea con il nucleo edificato scomparso identificato con il nome di “Borgo di Castello”, il quale era in realtà un nucleo edificato ai piedi del poggio del Castello, attraversato dalla via Julia Augusta ed oggi identificabile con i ruderi della “Casa del Dazio” o “Dogana”, presenti ai piedi della strada lastricata che sale verso la porta-torre e prima della fontana medievale;
      • inoltrandoci ancora verso l’interno, si incontra un’altra coppia di edifici a pianta circolare, i cosiddetti “mulini di Pilato”, i quali sono posizionati circa in linea con il nucleo edificato dei Maglioni.
  • uno sulla sommità del Poggio Ciazza, a monte del Rio Duomo, e poco lontano dalla omonima Borgata Duomo.

Ma oggi, cosa sappiamo di queste costruzioni? E quali sono sopravvissute al tempo?

Sono sopravvissute al passare dei secoli solo cinque delle sei costruzioni originariamente indicate nella mappa settecentesca e si presentano come segue:
  • Mulino Tagliaferro si trova in stato di rudere, con resti murari incompleti, privo di copertura, visitabile percorrendo un sentiero che conduce a Colla Micheri;



  • dei due “mulini di Spaleta”, uno è scomparso, mentre l’altro è stato completamente ristrutturato ed inglobato in un edificio residenziale di moderna costruzione;



  • dei due “mulini di Pilato”, uno è stato restaurato, mentre l’altro è comunque in discreto stato di conservazione, entrambi non visitabili in quanto all’interno di una proprietà privata recintata;

  

  • il “mulino di Poggio Ciazza” si trova in stato parziale di rudere, all’interno di una proprietà privata recintata.



Relativamente ai mulini “di Pilato” e “di Spaleta” non è stato possibile reperire informazioni di nota relativamente a particolari cenni storici che li riguardino, mentre per Mulino Tagliaferro ed il mulino di Poggio Ciazza sono emerse “curiosità” storiche che ne hanno caratterizzato la presenza e l’esistenza sul territorio.
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MULINO TAGLIAFERRO



Il Mulino Tagliaferro o Mulino Casalìn, di tutti i mulini andoresi pervenuti ai giorni nostri, è quello in posizione apparentemente più strategica rispetto al posizionamento costiero.
Questa sua specifica ubicazione riporterebbe ad una particolarità che emerge dalle mappe del Catasto Francese (Napoleonico) degli inizi dell’Ottocento, dove tale fabbricato viene indicato come “torre”. Ciò è un elemento che incuriosisce perché la tradizione locale e storica attribuisce a tale costruzione la funzione originaria di “mulino” (a vento), sebbene anche in documenti della Repubblica di Genova, lo stesso sia talvolta indicato quale torre di avvistamento contro le incursioni corsare e piratesche.
L’annotazione cartografica napoleonica di “torre” ha indotto alcune fonti a considerare che tali costruzioni fossero in realtà strutture militari di avvistamento e/o protezione e che venissero volutamente indicate diversamente come “mulini” per non fornire riferimenti con la consultazione cartografica di eventuali elementi strategici di protezione del territorio, confondendoli quindi volutamente con edifici destinati ad altri usi, estendendo la tesi a tutti gli edifici simili presenti sul territorio (non solo andorese, visto che le stesse considerazioni sono già state sostenute anche per altri simili casi liguri).
Le testimonianze documentali accerterebbero, invece e comunque, di dovere effettuare una netta distinzione in considerazione di un uso vero e proprio, nonché effettivo, come “mulino a vento”.

Per quanto riguarda Mulino Tagliaferro il dubbio può rimanere molto marcato (posizione assolutamente strategica rispetto al mare), ma per gli altri quattro appartenenti originariamente allo stesso crinale, considerato che erano praticamente in coppie ed in posizioni lievemente infossate, si potrebbe propendere comunque più per la funzionalità di mulini, proprio per la presenza in coppia e così ravvicinati.
Non dimentichiamo che ci sono testimonianze sicure di mulini a vento locali che hanno dimensioni pressochè corrispondenti e posizionamenti simili.
Il fatto di essere fuori mano potrebbe essere tuttavia giustificato dal fatto che un mulino a vento, per essere operativo deve trovarsi in una posizione particolare (in alto sulle pendici collinari, in punti di esposizione ventosa, ecc.); in effetti i mulini andoresi risulterebbero anticamente "serviti" da percorsi diretti di accesso (stradine che comunque passano e conducono nelle immediate vicinanze) e, quindi, non sarebbero stati così isolati, anche se sicuramente non proprio comodi.
Inoltre, gli antichi tracciati stradali erano sicuramente ripercorrenti la Ligure Costiera e la Julia Augusta: entrambe queste due strade, per lungo tempo sicuramente "principali", giungevano a Colla Micheri e da tale luogo per raggiungere i mulini la percorrenza era probabilmente meno complicata che in altre situazioni.

Mulino Tagliaferro è di forma cilindrica, con base circolare di diametro ml 6,60, altezza ml 4,50 e spessore delle strutture murarie cm 110.
Nei resti delle strutture murarie sono evidenti un portale di accesso al piano di campagna (cm 130 – 97), due aperture ad un piano superiore, diametralmente opposte e di cui una allineata in sovrapposizione al portale di accesso stesso.
Sulle murature sono presenti delle sorte di “incassi”, quali probabili sedi di travature interne e/o strutture degli ingranaggi meccanici.
Non si rilevano presenze o accenni di preesistenza di solai intermedi e/o di copertura, inducendo a considerare per quest’ultimo elemento architettonico sia mancante almeno una parte della struttura murario sommitale dei resti mantenutisi.
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MULINO DI POGGIO CIAZZA



Il mulino di Poggio Ciazza è di forma cilindrica, con base circolare di diametro ml 4,80, altezza ml 5,50 e spessore delle strutture murarie cm 80 al piano terreno e cm 50 circa al piano superiore.
Trattandosi di un fabbricato ancora in discreto stato di conservazione, permette di analizzare attentamente alcune caratteristiche sia costruttive che architettoniche che permettono di definire la tipologia degli antichi mulini a vento andoresi.
Le strutture murarie presentano un portale di accesso al piano di campagna (cm 110 – 80, altezza cm 190), con apertura sormontata da arco in conci di pietra, parzialmente modificato e tamponato con aggiunte successive che ne hanno ridotto l’altezza utile, ribassata dall’innesto di un architrave in legno.
Al piano superiore compaiono due aperture pressochè dimensionalmente simmetriche, diametralmente opposte e di cui una allineata verticalmente in sovrapposizione al portale di accesso stesso.
Entrambe tali aperture presentano superiormente un arco in conci di pietra ed una delle due è dotata di una barra di rinforzo metallico orizzontale ribassato rispetto all’arco, avente funzione di chiave strutturale (tirante).
All’altezza dell’arco del portale di accesso sono presenti delle piccole aperture murarie ad incasso, alcune passanti interno/esterno, quali probabili luci e/o ventilazioni ed altre solo a metà spessore murario (di cui un paio di particolare sezione triangolare a semi-piramide, in adattamento al soffitto voltato, evidenti sedi di fissaggio degli elementi strutturali dell’impianto meccanico.
Al fianco destro dell’accesso è ricavata una scala in muratura di pietra, ad arco ligure, addossata ed adattata alla parete perimetrale esterna (che in questo tratto ha spessore uguale a quello del piano soprastante, così come nei tratti dove sono ricavate le nicchie), piuttosto ripida, che permette di raggiungere il piano superiore, creato su un solaio voltato a cupola, il quale nasce a filo con il paramento interno murario, in assenza di contrafforti verticali di appoggio, ad esclusione della muratura di protezione della rampa scale.
Ciò significa che il solaio appoggia su circa la metà dello spessore della parete cilindrica perimetrale, mentre la sopraelevazione della stessa per il piano superiore, essendo non visibilmente interrotta dall’esterno, si comporta non solo da prosecuzione muraria perimetrale, ma anche da contrappeso di consolidamento strutturale per il solaio voltato a cupola.
Il solaio voltato, ad altezza interna utile dal piano di calpestio – minima/laterale cm 220 e massima/centrale cm 310 – presenta un’apertura centrale tendente a forma circolare: non si tratterebbe di un crollo parziale (anche se il perimetro è irregolare perché qualche dissesto localizzato si è verificato), bensì una sede di passaggio di un braccio verticale degli ingranaggi meccanici dell’antico mulino a vento.
Internamente, sulla muratura perimetrale, sono ricavate due nicchie assimilabili a vani porta incassati, quasi delle sorte di armadi a muri per aumentare lo spazio disponibile
In piano soprastante, totalmente privo di copertura, riporta le due aperture menzionate in precedenza, le quali tra loro opposte e simmetriche, potrebbero essere state realizzate in direzione alle maggiori correnti ventose del luogo, in modo da sfruttate apparati interni aggiuntivi “a vela”, ausiliari alle pale esterne e riconducibili ai tradizionali antichissimi mulini di origine fenicia.
Non sono rinvenibili tracce degli originari ingranaggi ed impianto di funzionamento, anche se le testimonianze dell’attuale proprietà hanno confermato che in occasione dell’acquisto dell’immobile sarebbero state ancora presenti parti dell’impianto un tempo installato, rimosse perché non più utilizzabili e per poter acquisire lo spazio interno destinato ad altri usi.
Anche per quanto riguarda la copertura, non sono più presenti segni della stessa e non sono evidenti segni di partenza di un eventuale manto o tetto strutturale; in conseguenza potrebbe essere ipotizzabile che il crollo della copertura stessa possa avere trascinato una parte del paramento murario perimetrale, riducendo l’altezza complessiva dell’edificio di alcune decine di cm (non più di cm 40 – 50) rispetto alla effettiva altezza originaria.



Relativamente alla copertura originaria, è attendibile supporre che la stessa fosse di forma tendente ad un cono (tipica dei mulini a vento ed ipotizzabile per similitudine tipologica con altri mulini italiani, tipo quelli livornesi, di equivalente datazione, forme, dimensioni, caratteristiche architettoniche generali), presumibilmente in materiale ligneo, in quanto la forma a cono avrebbe ricondotto a pendenze piuttosto ripide e conseguente difficoltà di coprire con lastre lapidee (soluzione invece possibile se la copertura avesse mantenuto le stesse forme geometriche, ma pendenze meno accentuale).
Tuttavia, l’unica rappresentazione grafica schematizzata di un antico mulino andorese è quella riportata nella già citata Carta Tipografica della Magnifica Comunità e Valle di Andora di fine Settecento, dove si scorgono i vari mulini con la caratteristica copertura a cono.



Del Mulino di Poggio Ciazza è noto essere stato una delle proprietà del casato Anfosso, che tanto ha caratterizzato nel tempo la Borgata Duomo e successivamente ha concorso in qualche modo alla nascita di Molino Nuovo.
Si trattava di un mulino per grano, che venne abbandonato insieme ad un “gumbo” in riva al Torrente Merula (anch’esso degli Anfosso) e da questi distrutto con una grande piena conseguente ad una alluvione nella seconda metà del Settecento.
Il mulino a vento ed il “gumbo” ad acqua furono sostituiti con la realizzazione di un grande nuovo mulino – il “Molino Nuovo” costruito in prossimità di un isolotto fluviale da Angelo Maria Anfosso e concesso in locazione a Giuseppe Siccardi nel 1798.
 

 
Un doveroso ringraziamento
alla
Famiglia Morgiardini
attuale proprietaria del mulino di Poggio Ciazza, per la grandissima disponibilità offerta permettendo l’accesso e lo studio effettuati.
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MARIO VASSALLO
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