BORGO DELLE 200 CASE
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IL BORGO DELLE 200 CASE
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Alcune riflessioni su informazioni storiche spesso ripetute su vari testi che parlano di Andora, assunte sempre quali citazioni famose ed incontrovertibili, ma che nonostante tutto inducono alla ricerca di approfondimenti.
Agostino Giustiniani nel suo “Castigatissimi annali” del 1537, riferendosi ad Andora, cita:
"….. e in distanza di doa miglia si troua sulla spiaggia la marina di Andora con tre o quatro case, e assendendo alla montagna per spacio du un bon miglio si va alla villa purnominata Andora posta su un poggio che fa case per duecento foghi, vero e che al presente per cagion della peste non arriuano gli habitatori a vinti foghi, e di verso ponente descede sotto Andora il fiume nominato Meira, dal quale e nominato il promontorio o sia cauo della meira, e questo credo che sia il fiume che gli antichi Cosmograffi hanno nominato in latino Merula, e la valle per la quale descede il fiume e circa otto miglia, e vi sono piu villette, e primo di verso Ponente vicino al mare manco di un miglio Pigna con quatro foghi, Rollo con vintidoi, Beneo con sette. S. Giouani con vinticinque e piu alto il Domo con quaranta, e in mezzo di. S. Gioani e del Domo Ferrera qual fa dodeci foghi, e poi Cona cò settanta, e i ultimo della valle Morteo con vinti foghi, e descendendo dalla parte del Levante, in distantia del mare circa cinque miglia. S. Bartholomeo, qual fa diciotto foghi, e poi Roseghina, qual ne fa trentacinque. Piano Rollo diciotto. S. Pietro vinti, Marin trentasei, e poco piu a Leuàte tornando ascendere, si troua la villa Misaigna cò diciotto foghi, e piu su la colla con dodici, e sopra la colla dua miglia Stananello, qual fa ducento foghi, e e del marchese di Finalo e in fino Testego con vinticinque foghi. Tutta questa valle Andorina fa seicento foghi, abùdante di vino, olio, e altri frutti, e procedendo dietro alla spiaggia in spacio di doa miglia, vi e la villa di Laiguillia, in latino Aquiliam qual fa centoquaranta foghi, della ditione di Andora, per la piu parte marinari, e hanno un golfetto, che fa il cauo delle Meire bona statiòe, …..".
Questa testimonianza storica è molto importante perché, tra l’altro, dettaglia una situazione demografica del territorio andorese, secondo cui l’intera estensione comunale sarebbe stata caratterizzata in tale periodo da poco più di 375 “fuochi”, riconducibili ipoteticamente e per certi aspetti convenzionalmente ad una popolazione presente di circa 1300-1500 abitanti.
Ma all’interno della sua descrizione effettuata, emerge un dato che desta alcune perplessità.
Infatti, egli scrive: “…. assendendo alla montagna per spacio du un bon miglio si va alla villa purnominata Andora posta su un poggio che fa case per duecento foghi, vero e che al presente per cagion della peste non arriuano gli habitatori a vinti foghi ….”.
In queste sue parole, si evince che la Borgata Castello, al momento in cui Giustiniani si riferisce conterebbe 20 “fuochi”, ma che sarebbero stati 200 più anticamente o in precedenza al 1537 (data della sua rilevazione).
E’ proprio questo dato che pone le basi e gli elementi per spunti di riflessione.
Prima di tutto occorre prendere atto del concetto di “fuoco”, cioè che cosa si intenda con tale terminologia e perché.
Il “fuoco” è un termine concettuale che in qualche modo deriva da “focolare”, ovvero dall’identificazione approssimata di un nucleo famigliare domestico proprio, teoricamente assimilato ad una famiglia di, mediamente, 4 persone; tuttavia, tale numero di componenti varierebbe nei diversi periodi storici e secondo gli insediamenti geografici e territoriali con un intervallo tra 3 e 6 (eccezionalmente 7) individui.
Considerato tale intervallo numerico, convenzionalmente gli storici o almeno i documenti storici concordano e ricorrono ad assumerlo come riferimento di calcolo demografico in 3,5 – 4 individui per “fuoco”.
Conseguentemente, il numero di “fuochi” stimati o rilevati, moltiplicato per tali medie numeriche, fornisce un’indicazione della popolazione presente, in via del tutto schematica, poiché non si tratta di un vero e proprio censimento. Ma di una stima del tutto sommaria e talvolta soggettiva.
Il termine ed il concetto di “fuoco”, presenti dall’antichità e dall’epoca medievale e fino all’Ottocento, ha rappresentato un riferimento all’applicazione di una tassazione che ne prendeva il nome di riferimento essendo chiamata e conosciuta come “focatico” o “fuocatico”.
Si trattava di una tassazione applicata in funzione dell'estensione terriera, gravante sulla conduzione del fondo stesso.
Ciò significa che "colpiva" non tanto il proprietario, ma principalmente l'utilizzatore materiale del terreno.
Il focatico era un'imposta applicata su ciascun focolare, vale a dire su ciascuna abitazione di un gruppo familiare, o su ciascun fumante, se l'abitazione comprendeva più gruppi familiari.
Erano soggette alla tassa “le famiglie tutte residenti nel comune in ragione delle loro rendite, prelevate le spese di produzione e sottratte le annualità passive, qualunque ne sia l'origine, il moto e il luogo donde provengono”.
L'oggetto del tributo fu individuato nell'agiatezza, per cui la “tassa” non costituiva una tassa addizionale a quella sulla ricchezza mobile, né a quella sui fabbricati, né all'imposta prediale, ma si faceva esclusivamente riferimento a tutte quelle circostanze che contribuivano a maggiori o minori agi di una famiglia.
Erano pertanto indici di agiatezza il valore locativo dell'immobile, il lusso della casa, nonché la posizione sociale.
Sostanzialmente il ruolo era composto da tre categorie:
- il fuoco, cioè su ogni abitazione famigliare, conteggiati per capofamiglia;
- la terra coltivata, classificando i terreni coltivati misurati secondo l'unità di misura vigente nel Comune;
- la classe di reddito nella quale era catalogata la famiglia; i contribuenti di condizioni economiche più limitate erano esenti da tale classificazione, la quale risultava una sovrattassa per i più abbienti, originando evasioni ed esenzioni concesse a favore delle famiglie "importanti" o aventi cariche pubbliche di particolare attenzione ed il clero.
Tale classificazione evidenzia come il collegamento tra “fuoco” e abitanti sia un dato puramente indicativo, poiché soggetto a troppe variabili non computabili, che ne fanno dedurre la scarsa identità di corrispondenza dei numeri effettivi, sebbene sia ugualmente di aiuto perché fornisce sommarie indicazioni che non si potrebbero definire in altro modo.
Tuttavia, in forma altrettanto indicativa, possiamo associare un “fuoco” ad una abitazione e, conseguentemente, supporre un numero di case corrispondente a quanti sono i “fuochi”.
Fatta questa dovuta premessa, torniamo a quanto descritto dal Giustiniani.
Come citato in precedenza, egli fa riferimento ad una possibile preesistenza di 200 case nella Borgata Castello.
E’ vero che nel tempo un territorio può cambiare e anche di molto, ma nel caso della Borgata Castello un simile dato appare abbastanza sconnesso dalla realtà di fatto.
Nell’evolversi del tempo e nel susseguirsi delle varie epoche, il territorio e/o parti di esso, nonché le costruzioni insediate, hanno subito ampie trasformazione che in alcuni casi hanno portato alla scomparsa completa di testimonianze o allo stravolgimento dei luoghi: ad esempio vecchi fabbricati abbandonati e diruti sono diventati “cave” di materiali, principalmente il pietrame che reperito dalle murature è stato utilizzato per la costruzione di altri fabbricati in luoghi diversi e per sistemazioni agrarie come terrazzamenti (le nostre classiche “fasce” liguri).
La conformazione e natura del poggio di Castello appare e si presenta con caratteristiche che non lasciano trasparire così estesi insediamenti edificati, oltre a quelli in qualche nodo a noi noti e riscontrabili in loco, come invece asserito dal Giustiniani.
Teniamo in considerazione che se analizziamo le case (gli edifici) rinvenibili già a partire dalle mappe napoleoniche (primo ventennio dell’Ottocento), il tessuto edificato risponderebbe "relativamente" alle considerazioni numeriche del Giustiniani per tutte le altre borgate e nuclei edificati (e quindi anche per i 20 suoi attuali “fuochi” per la Borgata Castello): ma perchè solo e proprio nella Borgata Castello abbiamo uno scostamento di 10 a 1 (cioè 200 case contro 20)?
Possibile che gli effetti della peste si rilevino solo a Castello ed in modo così accentuato, quando in pratica e storicamente non solo la peste, ma anche le altre epidemie succedutesi, hanno pressochè cancellato insediamenti edificati nella vallata (vedasi Moltedo, Beneo, Confredi e Canussi in parte, solo per citarne alcuni)?
E ancora e soprattutto, perchè Castello passa da 200 a 20 case/fuochi e gli altri insediamenti edificati/abitati rimangono pressochè inalterati nei secoli per numero di fabbricati presenti o identificabili?
Le epidemie non hanno colpito solo Castello: solo a Castello sono state demolite oltre 150 - 160 case per fare cosa e dove sarebbero state ubicate in origine?
Conoscendo la conformazione della Borgata Castello e dintorni ed avendo effettuato studi dei testi anche antichi reperibili, oltre che rilievi dettagliati del luogo (realizzati oltre 30 anni fa, quando molte delle aree oggi coperte da vegetazione impenetrabile erano ancora accessibili, sebbene in stato di rudere), non si riesce ad identificare dove avrebbe potuto estendersi un simile borgo edificato.
Tenuto conto anche delle attente e minuziose ricostruzioni di Adriano Lunghi, il quale ha fatto un lavoro più che egregio e non meno spettacolare, “inventando” anche qualcosina, ma nell'insieme le sue ricostruzioni sono fedeli agli effettivi ingombri di sedime preesistenti, nelle rispondenze dimensionali tra rilievi di fatto e ricostruzioni assonometriche ed in prospettiva, non arriva neanche lontanamente alla metà del numero di 200 case.
Ed allora siamo costretti a ricercare di immaginare o dare per buona una quantificazione indicativa priva di ogni altro riscontro e/o dato tecnico - storico materializzabile, confrontandoci in via definitiva con una morfologia del territorio che si presenterebbe antica nei resti e nelle testimonianze, ma non adatta ad ospitare 200 case.
Con ciò, occorre tenere presente che, inoltre, gli edifici vengono contati per numero, ma si tiene in reale determinazione che molti di essi non sarebbero stati abitativi, in quanto legati ad un uso agricolo non destinato all'abitazione e, quindi, non costituenti "fuoco".
Quest'ultima considerazione, passando dal Giustiniani al Catasto Francese napoleonico (e quindi sempre in epoche non di espansione, ma piuttosto conservative e riduttive) porterebbe a tagliare i numeri di “case/fuochi” complessivi, preesistenti e giunti a riscontri attuali, riducendoli anche ad ¼ rispetto alle presenze di sedime dei vari insediamenti, definendo e limitando ulteriormente i numeri potenziali degli edifici destinabili a “fuoco” tra quelli testimoniati ed esistenti nei nuclei di concentrazione edificatoria delle varie borgate andoresi.
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