PRESENTAZIONE
SUL SENTIERO DEI RICORDI
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Sono cresciuto in una famiglia contadina e le "favole" che mi venivano raccontate da mio papà, mia mamma e mia nonna altro non erano che ricordi, storielle legate a fatti, persone e luoghi di un tempo passato: tempo passato da poco, ma già lontano, perchè lo sviluppo economico correva, travolgendo e modificando ciò che ci stava intorno, i nostri spazi.
Modifiche del territorio che avvengono in modo rapido, spesso nell'apparente disinteresse dovuto alla fretta quotidiana, per scelte effettuate, sacrifici e, perchè no, anche per speculazioni, ma comunque un percorso che cambia l'ambiente che ci circonda, i modi, gli usi, le abitudini, spesso forzando anche l'adattamento di chi ne è coinvolto.
I ricordi che ascoltavo mi trasportavano in un mondo che non era più di tanto immaginario, bensì mi permettevano di osservare ciò che avevo intorno e di raffrontarlo idealmente col passato che mi veniva raccontato.
Mio papà Berto trascorreva e trascorre ancora ore a raccontarmi i suoi ricordi e quelli che gli sono stati tramandati da chi ha appoggiato i propri passi sul suolo andorese in precedenza, una sorta di eredità generazionale che mi è stata trasmessa con parole che per me hanno rappresentato pennellate precise ed inconfondibili, consentendomi di rivivere idealmente, ma in modo quasi reale, un mondo appartenente ad un periodo che non ho vissuto direttamente, ma nel quale mi riconosco ed al quale sento con tutto me stesso di appartenere.
Papà che racconta, io che ascolto senza perdere un solo istante, una sua sola parola, un viaggio che ogni volta facciamo insieme, con lui che mi accompagna ed io che lo seguo in un percorso che ha caratterizzato tutta la mia vita.
In questo modo sono cresciuto consapevole di che cosa esistesse ad ogni mio passo, ad ogni mio sguardo, nell'ambiente in cui ho sempre vissuto.
E' nata così la curiosità e la volontà di provare a creare un confronto "visivo" tra passato e presente, per poterlo conservare e trasmetterlo.
C'è stato un passato, nemmeno troppo lontano in cui gli andoresi ed Andora erano una cosa sola: riportare alla memoria i vecchi nomi dei luoghi, spesso legati ai personaggi che vivevano sugli stessi o alle esperienze di vita che ne hanno caratterizzato l'esistenza, è la testimonianza dell’amore sincero e profondo per la nostra terra, per non fare dimenticare semplicemente ciò che ci ha preceduti, sperando di trasmettere a chi oggi è presente il valore affettivo dell’ambiente che ogni giorno frequentiamo ed in cui viviamo.
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Mario Vassallo ©
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COME NASCE
"SUL SENTIERO DEI RICORDI"
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Mio papà Berto proviene da famiglie contadine, egli stesso contadino da quando è nato e restato tale nel carattere e nell’animo, sebbene gli eventi famigliari ed il corso della vita lo abbiano indotto e costretto a svolgere nel tempo altre attività lavorative.
Ma la tradizione e le abitudini sono rimaste, come occuparsi in ogni modo di non fare mancare nulla alla famiglia, senza considerare il numero di ore della giornata, senza mai risparmiare il proprio tempo, i sacrifici e la propria fatica.
La domenica rappresentava la giornata settimanale di riposo, o meglio durante la quale ci si concedeva un ritmo più blando, col pranzo puntuale a mezzogiorno e dopo essere passati a comprare il giornale.
E proprio una domenica mattina, mentre stava acquistando l’abituale giornale, incontrò in edicola Marino Vezzaro, che portava in braccio alcune copie del suo primo libro fotografico su Andora: “Andora di un tempo”.
Quattro chiacchiere di rito ed immediatamente acquistò una copia di quella pubblicazione, portandola fiero a casa, per sfogliarla tutti insieme in famiglia e per commentare ogni foto che vi era contenuta, aggiungendo i propri ricordi, gli aneddoti e le proprie esperienze.
Da quando nacqui, ero sempre stato attratto dai racconti dei ricordi del passato, che mi avevano accompagnato nella crescita un po’ come fossero stati i miei libri di favole, per i quali mi costruivo immaginariamente lo sfondo quasi realistico in cui avrebbero potuto essere ambientati.
Il libro di Marino, portato a casa da mio papà, con le antiche foto contenute al suo interno, improvvisamente mi illustrava in modo chiaro e deciso tutto quello che avevo provato ad immaginare con la mia fantasia e quasi magicamente mi permetteva di renderlo dannatamente reale.
Da quel momento è impossibile dire quante volte abbia ripetutamente sfogliato non solo quello, ma anche tutti gli altri libri fatti da Marino, con la passione di osservare ed approfondire ogni dettaglio, ma forse anche con l’ossessione di imparare il più possibile, cogliere ogni volta qualcosa di nuovo, per arricchire la mia sete di conoscenza del passato andorese.
Una passione smisurata che ho portato avanti in modo quasi inconsapevole, la quale mi ha fatto considerare Marino come un punto fermo di riferimento, una fonte “inarrivabile” di ispirazione.
Col passare degli anni, all’inizio del nuovo millennio, decisi di cimentarmi in una sorta di tentativo di pubblicazione su Andora, sfruttando anche alcuni progetti e studi effettuati in campo universitario da Ovidia, dando forma a quello che avrebbe dovuto essere “Sul sentiero dei ricordi”, servendomi delle conoscenze che la mia professione e la mia passione per la nostra terra mi hanno permesso di raccogliere e di avere a disposizione.
L’idea è sempre stata quella di cercare di creare un confronto tra passato e presente, in modo da focalizzare visualmente i cambiamenti avvenuti sul territorio: la trasformazione di Andora, da paese di contadini affacciato sul litorale all’odierna cittadina.
Inizialmente, la parte di territorio "considerata" era limitata alla Marina di Andora, ma avvertivo già la curiosità ad espandere il raggio d'azione in modo più ampio, provando ad occuparmi anche almeno di alcune altre borgate.
Tuttavia, l'impostazione molto mirata sulla parte grafica rendeva complicato e difficilmente affrontabile un tale progetto.
La preparazione aveva richiesto parecchio tempo, ottenendo anche l’opportunità di finanziamento per la stampa da parte di sponsor locali ed istituti bancari, ma alla fine mi sembrava non avere più di tanto da dire, complici alcuni ostacoli che mi si opposero, o forse si presentarono solamente ed io non fui in grado di affrontare.
Tutto finì accantonato in un cassetto, quasi per essere dimenticato con delusione.
Mi era mancato il coraggio di non permettere strumentalizzazioni su quanto avevo fatto e, per indole caratteriale, avevo commesso l’errore di fidarmi di alcune persone non adeguate e di dare loro, ed alle loro opinioni, troppa importanza.
Circa un decennio più tardi, in occasione della realizzazione del mio sito web professionale, Ovidia mi consigliò e convinse a pubblicare il lavoro prodotto anni prima, trasformandolo in contenuti consultabili online: era un modo per poter presentare ciò che avevo composto, senza dover dipendere dalle idee ed opinioni degli altri.
Apparentemente non era cosa facile, perché una consultazione online è sostanzialmente diversa dallo sfogliare delle tradizionali pagine di carta, ma la sfida era interessante e coinvolgente, anche se le mie competenze informatiche erano tutt’altro che adeguate.
Ero nuovo a qualsiasi tipo di esperienze simili e mi lanciai nell’impresa, acquisendo gradualmente conoscenze specifiche che mi permettevano di migliorare ed arricchire i contenuti creati.
Tutto restava abbastanza fine a se stesso, senza dargli grande visibilità e lasciandone l’eventuale scoperta al caso, salvo qualche timido accenno ad amici e conoscenti, effettivamente senza grande convinzione: bruciavano ancora le opinioni ricevute e subite in passato!
Venerdì 29 marzo 2019, in un'occasione particolare che seguiva un periodo personale complicato, nasce in me l'idea di dargli uno sviluppo importante.
"Sul sentiero dei ricordi" è stato la base di partenza per l'iniziativa che mi condurrà in poco tempo alla creazione di "Andora nel tempo", con tutto quello che ne conseguirà e che ne rappresenterà, fino a ricevere le "Chiavi di Andora" .... e ciò che avverrà successivamente.
Ma questa è un'altra storia!
In tutto questo tempo, "Sul sentiero dei ricordi" resta pubblicato come sezione del mio sito web professionale, per sette anni, totalmente invariato, quasi a non volere interferire con la progressiva e sempre più impegnativa opera nello sviluppo di "Andora nel tempo", done vengono convogliate tutte le risorse foto/documentali.
E proprio quest'ultima iniziativa mi distoglie da quello che era il blocco principale degli inizi, spingendomi a dedicare ogni attenzione a tutto ciò che gradualmente mi viene suggerito e proposto dalle crescenti collaborazioni e partecipazioni esterne.
Nel frattempo, più spesso di quanto potessi immaginare, mi trovo catapultato a studiare nuovi approfondimenti di quelli che erano i temi principali di "Sul sentiero dei ricordi", ma sempre e solo in funzione di "Andora nel tempo".
Molti argomenti e contenuti restano comunque trattati e sviluppati in modo esclusivo da Ovidia e da me, quasi a voler essere "protetti" dalla miscellanea collaborativa che si è sviluppata e, alla fine, decido che sia giunto il momento di rimettere mano sul progetto iniziale, senza stravolgerlo, ma anche senza lasciarlo dimenticato, e dedicarmi a completarlo, con una linea di tendenza più collegata alla nostra impostazione tecnica professionale.
Negli anni che sono trascorsi, sono cambiate tante cose, e ritengo sia l'ora di aggiornare e modernizzare i contenuti originari, mantenendo fede al "diritto di nascita" dell'idea iniziale, cioè considerando solo il materiale e la documentazione esclusivi "di nostra produzione" e tralasciando quanto concorre allo sviluppo di "Andora nel tempo", restando tuttavia collegate ed integrate le due iniziative, ma pur sempre ognuna con vita propria.
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MARIO VASSALLO
La mia famiglia paterna è giunta ad Andora ad inizio degli anni ’30 del Novecento, proveniente da “Bardìn Veggiu” (Bardino Vecchio), oggi frazione “du Tu” (di Tovo San Giacomo).
Mia mamma, invece, è originaria di “Carxi” (Calice Ligure).
Ogni famiglia aveva le sue tradizioni che ne contraddistinguevano il susseguirsi delle varie generazioni, mantenendo un legame con il proprio passato e con quello dei luoghi in cui risiedeva.
La mia si trascinava il nome per i componenti maschili, per i quali "Bartolomeo" era diventato un marchio quasi distintivo ed obbligato: prima di me si era ripetuto per quattro generazioni, prevalentemente accostato ad un secondo nominativo, che talvolta diventava quello principale per distinguersi dai predecessori, ma più agevolmente accompagnato da un soprannome, che finiva per seguirti per tutta l’esistenza, senza possibilità di essere anche solo vagamente confuso con chiunque altro.
Così, il bisnonno di mio papà era Bartolomeo Giuseppe, comunemente Pippo “u bacàn” (discendente di una famiglia proveniente dai dintorni di Genova, soprannominata con l’appellativo de “i Sciumbrìn”, di cui facevano parte due fratelli che si erano votati alla vita clericale, più per convenienza che per vocazione), dove “bacàn” stava a significare non solo “anziano”, ma anche una forma di rispetto in forma autoritaria.
Il figlio di Pippo era solo Bartolomeo, il mio bisnonno, per tutti “Mèllu” o “Melìn u caŗegò” e queste denominazioni derivavano da caratteristiche anche fisiche, dove il diminutivo del nome (“Melìn”) era associato al fatto che il viso era piuttosto liscio, dotato di poca barba e le guance si coloravano naturalmente di un rosso vivace, associandolo ad una maculatura di una mela locale (la mela Carla, tipica e molto diffusa all’epoca); poi, inequivocabilmente era seguito dall’attività svolta, quella di calzolaio (“u caŗegò”).
Il figlio di “Melìn” era mio nonno Bartolomeo Mario, ma per tutti Mario “u Melòttu”, dove il secondo nome diventava quello principale per distinguersi dal proprio padre, ma in quanto figlio, assumeva il diminutivo del nomignolo; e così “Mèllu” diventava “Melòttu”.
Poi c’era mio papà, Bartolomeo (anche se in realtà pure Federico per non fare torto al nonno materno), diventato da subito “Berto” per distinguersi da nonno e padre, ma in questo caso, essendo nato direttamente ad Andora, divenuto “Berto du Ciàn de Scàie” o “Berto da Cruxèa”, dove “Ciàn de Scàie” (appezzamento scaglioso) o “Cruxèa” (crociera) identificavano univocamente il luogo e le caratteristiche della residenza famigliare, prendendo spunto dalla natura del terreno di proprietà e dalla limitrofa presenza di quello che era un crocevia di riferimento nel territorio andorese della Marina.
Quindi, sono arrivato io.
I miei genitori hanno voluto spezzare la ripetizione dei “bartolomei”, senza discostarsi troppo dalla tradizionalità famigliare, grazie alla quale ho ripreso il nome di mio nonno Mario (purtroppo già scomparso da anni alla mia nascita), suscitando le ire del bisnonno, che assisteva contro la sua volontà alla rottura di quello che, a suo dire, era un legame con gli affetti del passato che non doveva essere interrotto.
La scelta decisa dei miei genitori e il non assecondare la volontà patriarcale del bisnonno porterà quest’ultimo a “togliere il saluto” a mio papà per mesi, fino a quando non risulterò essere l’unico bisnipote a “parlare in dialetto”, annullando l’ostilità personale di “Melìn” ed attirando la sua simpatia.
Logicamente, essendo stato temporaneamente l’ultimo della nidiata a portare il cognome, mi è toccata l’attribuzione di un appellativo che mi potesse distinguere: senza tanta fantasia mi è stato affibbiato “Marietto”, creativamente dedicato al diminutivo di mio nonno; ma di "Marietto" ce n’erano già altri in giro e così, nel dubbio, sono diventato più esaurientemente “u fiu du Berto e da Ruśètta” e per rendere più veloce l'inquadramento, “da Cruxèa” (così almeno con la localizzazione si evitavano eventuali possibili dubbi e confusioni).
Mi porto dietro questo “bagaglio” denominativo con grande affetto, anche se ormai la tradizionalità si è persa, non ci sono più solo le famiglie originariamente locali e l’attuale cittadinanza è andorese spesso da meno tempo di me, e non conosce ciò che esisteva, come ci si "identificava" ed i "modi di vivere" il luogo in precedenza.
Certi nomignoli, anticamente ed in un recente passato distintivi, ormai non hanno più seguito e perdono il loro affettivo e distintivo significato: non c’è più “u Ciàn de Scàie”, perché al suo posto è stato realizzato un condominio; non c’è più “a Cruxèa”, perché al suo posto ci sono strade, rotonda con giardini, denominazioni viarie nuove e conformazione diversa del luogo, che ne rendono irriconoscibile la vecchia identificazione.
Si perdono le coscienze e le conoscenze tradizionali delle attribuzioni nominative associate ai gruppi famigliari di appartenenza: il mio nome locale resta quello che era solo più per la generazione a cui appartengono i miei genitori, l’ultima a ricordare la vecchia Andora e tutto ciò che la caratterizzava e, purtroppo, sono rimasti in pochi e tristemente sempre meno.
Oggi sono chiamato e conosciuto in prima persona, troppo spesso con l'appellativo che, gli studi prima e la professione dopo, mi hanno incollato, e che declino con decisione ripiegando per scelta sul mio semplice nome, senza più il riferimento a provenire da qualcuno o da qualcosa, ma senza dubbio subisco la privazione del legame che univa al luogo, perchè l'andorese appartiene ad Andora, era sempre stato così, e non il contrario.
Resta il ricordo delle abitudini passate, di un periodo non ancora lontano, ma già così distante, in cui ognuno era accompagnato ad essere conosciuto per essere figlio o nipote di qualcun altro, tramandandone la discendenza e la presenza locale alle generazioni future, in funzione di una propria identità precisa legata a persone, luoghi e attività svolte.
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Sono nato nel 1970, in una famiglia contadina, che mi ha insegnato e trasmesso il profondo legame alle mie radici territoriali.
Le mie origini hanno contribuito a creare una connessione indissolubile con i luoghi e l'ambiente in cui sono cresciuto e dove vivo.
Arrivo a scuola l’ultimo “1° ottobre”, parlando solo il dialetto, iniziando ad esprimermi correntemente in italiano solo sui banchi delle elementari.
Nel 1985, a soli quindici anni, inizio a frequentare lo Studio Tecnico del Geom. Giacomo Ratto, che mi accoglie ragazzino e mi farà crescere dal punto di vista lavorativo, fino ad insegnarmi la libera professione e con cui collaborerò per oltre 12 anni.
Imparo a conoscere approfonditamente il territorio, i luoghi, le persone, storie di famiglie, la natura dell'avvenuta trasformazione nel corso del tempo.
La mia “prima lingua” è e resta il dialetto (il mio subisce alcune inflessioni tipiche delle origini di provenienza famigliari, che nel corso degli anni imparerò a limitare per adattarmi alla parlata più tipicamente andorese); questo rappresenta un fattore che nello svolgimento dell’attività professionale mi permette di legare facilmente con gli anziani del posto, i quali si trovano a proprio agio e anche un po’ incuriositi e divertiti a poter dialogare con un ragazzino in tutta semplicità, instaurando molti legami confidenziali con la generazione “dei grandi”.
In questo periodo ho la fortuna di ricevere ed imparare anche dagli insegnamenti di due andoresi, Luciano Dabroi e Adriano Lunghi, i quali contribuiscono alla mia formazione, trasmettendomi il profondo attaccamento alla nostra terra ed il valore di essere un andorese.
Nel 1989 mi diplomo geometra all'Istituto Tecnico "G. Ruffini" di Imperia, dopo già quattro anni di esperienza in ambiente lavorativo professionale.
Dal 1991 ho l'occasione di collaborare con Ovidia, per la realizzazione di studi progettuali e urbanistici universitari svolti ed applicati in particolare a luoghi della vallata locale.
Insieme, nell'Ottobre 1991, affrontiamo il rilievo e la restituzione grafica del borgo del Castello di Andora, studiandone per la prima volta caratteristiche e storia, raccogliendo quanta più documentazione possibile (considerate le difficoltà del periodo, non ancora scandito dalle tecnologie digitali).
Alla fine del 1993 ottengo l'abilitazione all'esercizio della libera professione di geometra, che inizio a svolgere in proprio la successiva primavera del 1994.
Tutte queste esperienze favoriscono e determinano l'inizio del mio interessamento allo studio storico e territoriale di Andora, al quale applicherò con accuratezza ogni risorsa e conoscenza professionale acquisita, confluendo nel 2005 in “Sul sentiero dei ricordi", una pubblicazione che resterà inedita fino al 2015, quando, su idea di Ovidia, sarà trasformata in una sezione del mio sito web "mariovassallo.it".
Nel 2019, in occasione della partecipazione all'evento di Storie Andoresi dedicato ai libri di Marino Vezzaro, decido che e giunta l'ora di dare voce ed il via ad una iniziativa che possa coinvolgere l’entusiasmo di essere andoresi.
E così, da 28 anni di esperienze, ricerche, documentazione, passione e dedizione, nasce l’iniziativa “Andora nel tempo”, che porterà alla realizzazione del sito web www.andoraneltempo.it, per il quale ho ricevuto il prestigioso riconoscimento delle “Chiavi di Andora”.
Nell'Ottobre 2021, Ovidia ed io decidiamo che è giunto il momento di completare la nostra analisi del Borgo del Castello, cominciata insieme 30 anni fa, effettuando un tuffo nel passato di Andora ed anche nel nostro.
Questa nostra avventura nei luoghi medievali andoresi ci ha permesso e riservato l’onore ed il privilegio, su richiesta dell’Amministrazione Comunale andorese, di realizzare il video di presentazione dell’importante progetto di ristrutturazione di “Borgo Castello”.
La mia storia è molto semplice, come le mie origini: sono un andorese, fiero e onorato di esserlo, che ama Andora per quello che ė e per come è, ieri, oggi ….. e sempre …. a cavallo di due secoli e due millenni.
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